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Patologie della spalla. Diagnosi e terapia

La spalla è un complesso articolare costituito da sette articolazioni differenti, tutte indispensabili per la sua corretta funzionalità. Oltre alle giunzioni articolari, la spalla affida la sua stabilità e mobilità ad azioni di muscoli altamente coordinati tra loro e alle strutture capsulo-legamentose

La Cuffia Dei Rotatori

I muscoli responsabili dei movimenti più complessi costituiscono la cosiddetta “cuffia dei rotatori”.Tali muscoli sono quattro: il sovraspinato e sottospinato, il piccolo rotondo e il sottoscapolare,  e si inseriscono  sulla testa dell’omero ricoprendola “a cuffia”. È proprio a questo livello (Footprint) che le sollecitazioni meccaniche dovute ai movimenti quotidiani, all’uso lavorativo e sportivo, raggiungono l’intensità massima.
La causa più frequente di dolore di origine non traumatica alla spalla è la tendinopatia  della cuffia dei rotatori, e in particolare del  sovraspinato (nel 90% dei casi). Il processo patologico insorge e si sviluppa all’interno del  suo tendine, ed è prevalentemente di natura degenerativa, come dire da “consumo”. Lo spazio anatomico nel quale si muovono i tendini è alquanto ristretto, e ogni movimento produce attriti, compressioni e microtraumi che, nel tempo, possono dare origine a dolore e limitazione funzionale  della spalla: dopo i 40-50 anni infatti  (ma anche prima, in base a fattori costituzionali, occupazionali ecc.) spesso i tendini della cuffia presentano, anche senza sintomi particolari, segni di degenerazione e involuzione.
Altre volte la rottura tendinea può essere conseguenza di un trauma diretto o indiretto alla spalla, con conseguente sintomatologia dolorosa e limitazione funzionale.

La Calcificazione

Spesso, come riscontro di un’ecografia o di una radiografia, troviamo il termine “calcificazione”  di spalla o della cuffia o del tendine. La calcificazione non è altro che una deposizione di sali di calcio sulla zona infiammata e degenerata all’interno del tendine (zona critica); inizialmente microscopica e spesso asintomatica, con il tempo, se la causa originaria persiste, si “organizza” in grossolane calcificazioni, che diventano  visibili alle indagini diagnostiche. Il tendine così “degenerato e consumato” perde parte della sua funzionalità e subisce sollecitazioni e microtraumi sempre più intensi, sviluppando una reazione infiammatoria locale anche intensa che può portare a una vera e propria deformazione o tumefazione con dolore acuto durante il movimento, in particolare quello di abduzione del braccio (allontanamento del braccio dal corpo). Una situazione del genere spesso sfocia nell’impotenza funzionale della spalla e prende il nome di tendinite calcifica.

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L’instabilità di spalla

L’ instabilità il sintomo che il paziente avverte quando la spalla non rimane nella sua normale posizione. L’instabilità articolare della spalla può essere causata da lassità, cioè da una situazione di incapacità a mantenere la spalla in sede per alterazione dello sviluppo osseo, dei tessuti periarticolari, o di ambedue questi elementi. Spesso la spalla si lussa per eventi traumatici o microtraumatici.

La spalla instabile può andare incontro a lussazione (fuoriuscita completa della testa omerale dal suo alloggiamento normale, glenoide della scapola), sublussazione (parziale fuoriuscita della testa omerale) o a dolore in particolari posizioni o movimenti dovuti a spostamenti anormali della testa omerale come in ripetuti gesti sportivi o lavorativi. Quando le lussazioni avvengono ripetutamente, anche a distanza di molto tempo, si parla di lussazione recidivante.

La patologia ha maggiore incidenza nella seconda e nella terza decade di vita, più negli uomini che nelle donne, ed è in relazione col completamento dello sviluppo muscolare e articolare e con l’esecuzione della massima attività fisica sportiva e lavorativa.

Il trattamento di prima scelta dopo il primo episodio di lussazione è quello conservativo: riduzione, applicazione di bendaggio e, dopo un periodo di immobilizzazione di circa3- 4 settimane, si inizia una progressiva attività di mobilizzazione e rinforzo del muscolo sottoscapolare (nelle instabilità anteriori) o del muscolo sottospinoso (nelle instabilità posteriori) utilizzando elastici. Se l’instabilità persistesse e si ripresentassero lussazioni è indicato pensare alla risoluzione chirurgica. L’evoluzione delle tecniche operatorie dell’instabilità di spalla negli ultimi 20 anni ha permesso di rendere sempre più preciso l’intervento e soprattutto di personalizzarlo per le lesioni specifiche e per i singoli pazienti. Nella scelta della tecnica di intervento influiscono diversi elementi: principalmente, età, numero di lussazioni o, in assenza di queste, durata del dolore alla spalla e grado di impedimento durante l’attività sportiva o lavorativa, struttura muscolare, livello di carico durante il lavoro, pratica di sport o attività motorie a livello agonistico o amatoriale.

E’ fondamentale è anche poter escludere la presenza di fratture associate alla lussazione e per questo un esame più approfondito con TAC o RMN può essere di grande utilità.

Negli ultimi 15 anni il miglioramento delle tecniche in artroscopia (accesso all’articolazione mediante piccole incisioni e strumenti dedicati con controllo attraverso microtelecamera) ha portato notevoli miglioramenti nei risultati. Il vantaggio di non incidere i muscoli e la precisione nella riparazione della lesione rendono questa tecnica più adatta a pazienti giovani (dai 15 ai 30 anni), con poche lussazioni o con situazioni di microinstabilità. La tecnica prevede l’utilizzo di “ancorette” che assomigliano a microviti dalle quali fuoriescono fili ad alta resistenza che vengono passati e legati attorno alla capsula articolare e al labbro glenoideo per ricreare la normale tensione capsulare.

Tutti questi interventi vengono eseguiti in anestesia generale o combinata (anestesia regionale con o senza sedazione profonda). Prevedono un ricovero di circa 1 o2 giorni e il mantenimento dell’arto superiore interessato in tutore ortopedico per 4-5 settimane. Successivamente viene iniziata la rieducazione funzionale della spalla, inizialmente passiva e successivamente attiva, assistita dal fisioterapista, preferibilmente in acqua, che porta dopo circa 6-8 settimane al recupero completo del movimento articolare.